sabato 11 novembre 2006

ADSL ITALIA: RIDE TUTTA EUROPA


Per l’ADSL, internet veloce, l’Italia è in gravissimo ritardo. E si becca le bacchettate della Ue. Ma nella manovra economica in discussione alle Camere non c’è un solo accenno all’importanza della banda larga. Anzi, i piani di Angelo Rovati e di Prodi, scoperti soltanto grazie alla lite con Tronchetti Provera, che ci ha rimesso la poltrona, prevedevano un ritorno allo Stato della rete sfasciata della Telecom. Con un salto indietro di trent’anni nella telefonia, senza nessuna non dico garanzia, ma neanche la promessa di un’accelerazione. I dati sono sconfortanti: sono soltanto 7,9 milioni gli italiani abbonati alla banda larga (e a carissimo prezzo), pari al 13,4 per cento degli abitanti. Oltre sei milioni di abitanti, al contrario, pari al 10 per cento della popolazione, vivono in cittadine che non sono neanche raggiunte dalla banda larga. Tutti gli altri usano il telefono come nel 1970: chiamano i telefoni fissi e qualche cellulare stando attenti a non esagerare con gli scatti. E’ una situazione da Quarto mondo che impedisce la modernizzazione e lo sviluppo del Paese. Praticamente un cittadino su dieci non può avere l’ADSL, altri sei non lo utilizzano. Pensateci quando vi diranno… aumentiamo il bollo auto o le assicurazioni in linea con le medie europee. Ebbene, sulla banda larga in Italia è intervenuta Vivian Reding, commissario Ue per la società dell’informazione e ha bocciato l’Italia: “la copertura della banda larga è molto più bassa della media Ue e inadeguata per lo sviluppo di applicazioni avanzate. – ha detto in un’audizione in Senato – Per di più con forti squilibri visto che nelle zone rurali (44% degli abitanti) è nettamente inferiore alla media delle aree urbane (66%). Immaginiamo che in un’altra audizione sia arrossito anche Corrado Calabrò, presidente dell’Autority per le telecomunicazioni. Ha cercato di difendersi dicendo di aver fatto calare i prezzi, ed è vero, ma è anche vero che con una maggiore pressione sugli operatori i prezzi di accesso all’ADSL si sarebbero potuti dimezzare. Intanto il ministro delle telecomunicazioni, Paolo Gentiloni, sta pensando soltanto a come far danni agli avversari mandando sul satellite una rete di Berlusconi, quando, con l’Adsl, tra cinque-dieci anni nessuno vedrà più la tv tradizionale. Per prendere tempo ha promesso che metterà a punto con il ministro per gli Affari regionali, Linda Lanzillotta, e con il ministero per l’Innovazione della PA un decreto ministeriale per costruire un’unica regia nell’ammodernamento delle reti di comuni e province. Accettiamo scommesse sul mantenimento della promessa. Anche perché il regista già ci dovrebbe essere, ed è la Telecom, che invece in questi anni ha pensato soltanto ad arricchire i propri azionisti vendendo tesserine telefoniche con 5 euro di aggiunta per la ricarica invece di ammodernare la rete telefonica. Invece, all’interno di Sviluppo Italia c’è una società, la Infratel, creata nel 2003 dal ministero delle Comunicazioni, che si è presa la briga di lavorare sul cablaggio in zone del Paese ancora scoperte dove Telecom non trova utile ammodernare la rete. Non si capisce per quale motivo siano stati spesi in questo modo 121 milioni di euro di denaro pubblico per fare un favore a Telecom che già si era aggiudicata nel ‘98– grazie a Prodi e a Bersani – la rete italiana per soli 900milioni di euro. Un valore che il giorno dopo salì immediatamente a venti miliardi di euro. Sono le assurdità delle pieghe del potere e del sistema di corruzione e di finanziamento in nero dei partiti del Centrosinistra che casualmente e sfortunatamente sfugge all’accurata guardia della magistratura. Torniamo alla carica con una proposta che è ben lontana dalla nuova Iri di Prodi e Rovati: la rete deve essere dello Stato. Per far questo va espropriata Telecom – a prezzo pari quasi allo zero – e per tre anni si deve ammodernare la rete e far scaricare dalle tasse il prezzo della linea Internet a quelli che si abbonano. Poi si deve procedere ad una nuova gara per “riprivatizzare” il settore, lasciando fuori la rete dall’aggiudicazione delle licenze. Soltanto così si potrà portare l’Italia sugli standard europei e avviare progetti di e-government, telesalute e e-commerce capaci di aumentare i fatturati e abbattere le spese della burocrazia. Tenendo anche al guinzaglio la corruzione.

I giovani una risorsa per la politica.


Le statistiche lo confermano, il nostro Paese, le realtà locali, hanno bisogno di una classe dirigente nuova, formata da giovani e da persone capaci di poter ascoltare i cittadini. E per questo che oggi sono sempre più convinto che noi giovani costituiamo una risorsa importante per la politica. Ma attenzione questo può anche voler dire rendersi una “palla al piede della politica” E questo avviene se non costituiamo quel valore aggiunto alla politica, se non rappresentiamo quell’elemento di novità all’interno di un partito, se non ci consideriamo che bisogna essere anche quella voce critica di un partito. Ma in questo ultimo caso bisogna tener presente che non bisogna divenire elemento di rottura, all’ora si che possiamo definirci una risorsa per la politica. vuol dire? Che noi giovani bisogna porsi verso la comunità come elemento di cambiamento, come elemento di novità e di rinascita della politica. Solo in questo caso, giovani come noi, avranno successo. Porsi come elemento di cambiamento non vuol dire che noi giovani dobbiamo subire il cambiamento ma significa, essere noi alla guida dell’evoluzione di un nuovo processo politico! E questo può avvenire se siamo consapevoli di cosa è la politica, spesso infatti non abbiamo un’idea lucida di cosa rappresenta la politica. All’ora bisogna partire dal concetto di democrazia per comprendere, che il significato di questo termine vuol dire “Governo del popolo“ e quindi , governo di una città, di una provincia, di una regione, di una nazione, è governare significa fare gli interessi di una comunità, ma per gestire, gli interresi dei cittadini bisogna essere portati ad ascoltare le loro problematiche, che investono le persone di ogni età, con disponibilità e senso critico obiettivo, o saremo destinati a fallire! Questo e il messaggio che noi giovani dobbiamo portare avanti. In tal modo, saremo portatori di cambiamento, poiché in grado di ascoltare la gente, di proporre soluzioni per i problemi che coinvolgono le nostre realtà. Tutto questo perché il nostro impegno politico deve essere una sorta di “missione”. E necessario quindi abbandonare una volta per tutte, l’idea di utilizzare la politica come strumento per raggiungere scopi personal ed affaristici: “la politica che facciamo o faremo, deve essere genuina, ma soprattutto trasparente e di servizio al cittadino, utile per la crescita nostra e del nostro Paese“.